Pensare

Di mansarde e anni che arrivano

Da 17 giorni dormo in una mansarda, li ho contati proprio adesso e non immaginavo fossero così tanti. O almeno non pensavo fossero tanti quanti il mio numero fortunato, quello che incontro quando l’universo vuole manifestarmi il suo affetto. Li ho contati proprio stanotte che segna il giorno in cui sono scesa in questa terra, il giorno in cui l’ennesimo anno si compie e un altro si dipana con la sua ragnatela immacolata, pronta a catturare gli accadimenti del cielo.

Dormo in questa mansarda in cui fa caldo e ci abitano le zanzare e qualcuno mi ha detto che così sono più vicina al cielo che tanto, ho aggiunto io, l’inferno ce l’ho già a due passi dalle mie mani e dalla mia anima. Ma in realtà il cielo, da qui, è a portata degli occhi e la sera, prima di addormentarmi, vado fuori e alzo la testa per guardarlo e per contare le stelle.

Da qui mi sento una via di mezzo tra Cenerentola e Holly di Colazione da Tiffany, ondeggiante tra scleri emozionali dovuti ai turbinii di questa vita, all’altalena tra cielo e inferno, agli ormoni in via di decadimento degli ultimi cicli mestruali, ora in ritardo ora in anticipo. L’alert che ti ricorda che, a 49 anni, può essere arrivato il momento di entrare a testa alta nell’ultima fase della tua ultima vita.

Da quassù posso guardare il cielo e contare le stelle, consapevole che ce ne sono tantissime che non ho ancora scoperto o che i miei occhi potranno vedere solo quando inizieranno a brillare perchè pronte ad esplodere. Ma da qui guardo il mondo ai miei piedi, come se fossi sulla cima di una montagna che ho imparato a scalare passo dopo passo e cercando il posto più sicuro in cui appoggiare il piede, conquistando la fiducia e la forza in me stessa, anche stringendo la mano tesa ad aiutarmi. Da qui guardo l’anno che si è compiuto con le mille onde che mi hanno trascinato dal cielo all’inferno e non posso fare a meno di guadare tutto l’amore di cui continuo a beneficiare, sentendomene degna, finalmente. L’amore dei miei figli, che niente potrà mai compromettere nè affievolire, l’amore di colui che, nonostante tutto e a dispetto di come andranno le cose, sarà accanto a me quando abbandonerò questa terra, l’amore dei miei genitori, di mia sorella, di tutta la famiglia che mi ruota intorno e che lo vedo quanto sia felice di amarmi, l’amore sincero dei miei amici, quello degli uomini che mi hanno amata, l’amore di chi riceve un mio sorriso.

Ma non è un puerile stratagemma per vantarmi della mia condizione di beatitudine. Perchè l’amore porta con sè l’odio, la rabbia, il rancore, la gelosia, l’invidia, il disprezzo, il giudizio. E come grosse pietre scagliate da chi non ha peccato, io ne sono stata ricoperta e in certi momenti sotterrata, ma ho preso a scalarle e scavalcarle, poggiando i piedi sugli incavi sicuri, fino a trovare la cascata d’acqua con cui ripulirmi dalla polvere che mi avevano lasciato addosso. Non tutta però. Ho lasciato quella che si era depositata nelle rughe attorno alla bocca, quelle che segnano il viso di chi ride.

L’ho lasciata perchè io possa sempre ricordarmi che l’amore non vive senza l’odio, così come il cielo non esiste senza la terra. E che in una ruga di risata ci può stare la polvere.

E’ solo un anno che finisce mentre un altro ne arriva, LittleBirds.

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