Mangiare&Bere,  Raccontare

Cibo e Ricordi

cudduraciMamma, prepari i biscotti?“.
Ha ragione, è da tanto tempo che non li preparo e oggi, qualche giorno prima di Pasqua, mi sembra un buon momento per farli. Ho delle ricette che conservo in un quaderno e che uso quando voglio riconciliarmi con la mia storia.
Sono ricette di dolci, per lo più, biscotti e torte. Ricette copiate dal quaderno di mia madre o trovate qua e là su giornali. Preparate tantissime volte, con lo stesso gusto che si mantiene nel tempo. E’ un prodigio. Quel dannato Proust ritorna sempre, puntuale come il profumo di biscotti che invade la casa…

Preparo l’impasto, mi sporco le mani di burro e farina e uova. Toccare! Riscopro il tatto. Taglio i biscotti con quelle formine che ho usato infinite volte, spesso insieme ai miei figli piccoli che mi aiutavano a prepararli e a decorarli con la glassa. Momenti di famiglia che ricordo, ma senza nostalgia perché ci sono stati quando dovevano esserci, adesso sono altro come è giusto che sia. Oggi li preparo da sola, con la musica rock di Virgin Radio nelle cuffie. Ma alla prima teglia sfornata loro tre mi spuntano davanti, quei due con il padre sono lì sulla porta della cucina, richiamati dal profumo, a rubare i biscotti come hanno sempre fatto, a contendersi quelli bruciacchiati perché più croccanti. Già potrebbe bastare a curare l’anima.

E invece voglio andare ancora più dentro la memoria del cibo. Voglio preparare i Cudduraci, i nostri dolci del periodo di Pasqua. Ho la ricetta infallibile di mia madre e ancora una volta mi sporco le mani con l’impasto appiccicoso. Compio quei gesti che sono dentro di me e dentro tutte le donne che perpetuano una tradizione di cibo, di anno in anno, di festa in festa, da una generazione all’altra. Ho voluto usare le mani perché è così che si deve preparare da mangiare per chi si ama, altrimenti l’amore non si trasmette.
Per prepararli ho cercato nella memoria le forme di quelli che facevo con mia madre, che sicuramente erano gli stessi che faceva lei con sua madre, e così via. Le croci, gli intrecci, i cuori, le ciambelle.
Forme che sono sempre dentro di noi e sbucano fuori quando la memoria le richiama in vita. Forme eterne e immortali.

Lo sapete, amo la Calabria e la odio allo stesso tempo. La riconosco e la rifiuto per le sue controverse contraddizioni sublimi.
Ma in un momento così apparentemente normale, ho sentito di appartenere a questa terra, così, con naturalezza, mentre preparavo i Cudduraci. Dannato Proust, ancora una volta, e il suo tempo perduto e ritrovato.

Il cibo è la nostra memoria, fateci caso la prossima volta.
Fatelo, quando sarete da un’altra parte del mondo.
Fatelo, quando non sarete con le stesse persone che vi hanno accompagnato da sempre.
Fatelo, quando sarete soli con la vostra nuova vita.
Fatelo, e godete di questo attimo di eterno.

Buona Primavera.

 

PS: Vi regalo la ricetta dei Cudduraci di mia madre, la Carola. Ma dovete sporcarvi le mani!
Farina 1kg, zucchero 400g, uova 6, burro morbido 250g, lievito 2 bustine, vanillina 2 bustine, buccia grattugiata di un limone, liquore a piacere 1 bicchierino (io Cointreau), uova sode.
Impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Formare i biscotti, inserendo le uova sode nelle forme,  spennellare con uovo sbattuto e decorare con confettini colorati. Cuocere a 190° per 15-20 minuti a seconda della grandezza dei biscotti.

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