Street Poetry

#1 StreetPoetry – S.

Ieri ho incontrato S., capelli neri raccolti in una coda, un maglione fucsia, leggins neri, un marsupio e un bambino in braccio. L., biondo e sorridente.
Erano all’uscita del supermercato e lei mi ha chiesto di comprarle qualcosa da mangiare, che sono in quattro e alle due bambine grandi piacciono le cotolette di pollo.
Io, invece, ero lì perché dovevo comprare le caramelle da lasciare nelle stanze del b&b, come benvenuto agli ospiti, un gesto carino insomma. Ma forse non abbastanza carino per ciò che l’Universo ha iniziato a chiedermi di fare nella vita.
Allora le ho preso le cotolette, ma anche biscotti e caramelle, che i suoi bambini se le meritano più degli ospiti adulti.
Ho fatto la fila, con la mia spesa di cose carine, mentre intorno a me ruotava il delirio delle madri con le liste della spesa per i pranzi e le cene delle feste. Mentre sopra di me volavano pandori e panettoni super scontati e nei carrelli rotolavano le confezioni regalo e le bottiglie di spumante per il medico di famiglia. Le ho viste già stanche, ma felici di compiere il gesto divino, di amore familiare, del cucinare cibo da mangiare insieme su tavolate lunghe di radici intrecciate.
Lei era sempre lì, a raccogliere quelle monete che abbiamo in tasca, che “non ho niente, mi dispiace…ah no, aspetta, ecco qui“. Poi mi sono seduta davanti a lei, sui gradini, e abbiamo iniziato a parlare, mentre tenevo la manina morbida di L., che ogni tanto mi sorrideva.
S. ha un marito, vengono dalla Romania, lui fa piccoli lavori ogni tanto, quando lo chiamano. “Non ci vedono bene, la gente,  a noi. Ma non sono tutti uguali i rumeni, c’è di quelli cattivi, si, ma non siamo tutti uguali noi“. Ha mal di schiena perchè il bambino pesa e il passeggino si è rotto. Le bambine non vanno a scuola perchè non hanno fatto i vaccini e lei ha paura di farglieli fare, soprattutto quello per l’ultimo morbo arrivato sulla terra.
Io ascolto, faccio domande, la guardo nei suoi occhi neri, dolcissimi e tristi tanto. Non posso fare altro che ascoltarla, e soprattutto guardarla, provare ad assaggiare quella tristezza, perché sappia anche io, accarezzarle le spalle mentre vado via. E pensarla a volte, riguardando la sua foto.
Che magari basterebbe sapere che qualcuno, dopo averci guardato negli occhi, si sta ricordando di noi.

Ma forse posso fare altro.
Magari cercare un passeggino.
O chiedere a voi di trovarne uno e portarglielo.
Vi dirò io dove trovarla.

Ah, sono tornata al supermercato nel pomeriggio, S. e L. erano ancora lì. Ci siamo salutate e mi ha detto che hanno mangiato tutto a pranzo, cotolette e patatine fritte, e le bambine erano felicissime.
E’ anche così che la poesia diviene vita.

PS: se avete un passeggino che vi avanza, chiamatemi. Oppure fate una donazione qui che aiutiamo S. a comprarne uno nuovo.


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