calabria,  Il Banchetto della Felicità,  Pensare,  Raccontare

Banchetto al KEF – Kalabria Eco Fest

Non so se vi è mai capitato di avere un desiderio che vi accompagna nel tempo. Lui sta lì in un angolo di voi e ogni tanto torna alla mente, ma senza pretendere urgenza. Voi lo ripensate, lo immaginate, vi ci vedete dentro e poi un giorno accade. Per esempio accade che qualcuno ti dica di si, che pianterà una tenda in mezzo al bosco e il tuo desiderio sarà esaudito.

Negli ultimi anni ho viaggiato spessissimo da sola, ho definito i miei tempi in base ai miei desideri, ho misurato gli spazi con la distanza dei miei passi, ho visitato i luoghi che i miei occhi volevano vedere. Non ho avuto altra guida se non il mio desiderio e la mia volontà. Ritrovarsi a condividere tempi, spazi e luoghi con desideri, con passi e con occhi diversi dai miei è stata un’esperienza antica e però sorprendentemente nuova, con cui mettersi alla prova. In cui sentire se la solitudine è ancora cercata o anelata, in cui provare a pensare con il lessico di un altro. In cui capire dove finisci tu e inizia l’altro e dove ci si incontra.

E allora è andata così, che ho portato Banchetto tra i faggi del bosco di Polia e questa volta ho provato a non andarci da sola. Erano con me l’Uomo e la sua Cana, in una temporanea convivenza alternativa, con a tratti i sentori di una familiarità, sotto l’occhio benevolo di alberi altissimi e delle energie potenti della natura.
Io, Banchetto, l’Uomo e la Cana siamo stati al Kalabria Eco Fest (vedi qui) per tre giorni di magia tra simposi, laboratori e concerti, partendo dalla Calabria e dai calabresi. Ci sono nuove visioni in questo mondo, ci sono nuove possibilità per educare i nostri figli e insegnare loro il rispetto degli altri, del tempo, della natura. Ci sono persone che non hanno paura di sperimentare un nuovo modello di vita che è fatto di accoglienza, di ritmi naturali, di libertà, di rispetto profondo del luogo che ci ospita, la Madre Terra. E poi al KEF, insieme a Totò, Samuele, Danilo e ai volontari sorridenti e determinati c’erano tante amiche e amici e questo mi fa pensare che su quella strada visionaria ci sia anche io, a camminare con i piedi nudi sporchi di terra e foglie.

Ma torniamo alla storia.
Abbiamo cercato il nostro spazio nel bosco, abbiamo montato la tenda, abbiamo delimitato stanze tra gli alberi e costruito mobili con le pietre. Abbiamo preparato caffè e apparecchiato con stoviglie di legno. Abbiamo guardato stelle e tramonti tra gli alberi, in quei frammenti di cielo che ci erano stati concessi dalle fitte foglie. Ci siamo arrampicati su vite senza appigli.
E poi ho aperto Banchetto e la magia si è rivelata. Tante le storie raccontate, tanti i sorrisi ricevuti e spalancati, tanti i pianti accolti e custoditi. Tanti i regali dell’anima che l’Universo ci ha concesso in quei giorni di pausa dal tempo normale. Come la storia di L.
Io, l’Uomo e la Cana stavamo rientrando alla casa-tenda nel bosco, era l’ultima sera e io e Banchetto avevamo finito e smontato tutto. L., piena di bagagli, con voce sottile, mi chiede “Sei tu la ragazza del Banchetto della Felicità? Volevo sapere se era possibile ascoltare il mio messaggio dall’Universo, anche se hai chiuso tutto“. E certo che era possibile. Io e L. siamo risalite attraverso il bosco, in silenzio, ognuna nei suoi pensieri. Ho preso la versione ridotta di Banchetto e ci siamo sedute per terra, sul muschio. L. mi ha detto di aver aspettato fino all’ultimo momento perché sapeva che Banchetto le avrebbe detto ciò che doveva sentire e non si sentiva pronta per farlo. E aveva ragione, perché Banchetto e l’Universo sanno. Sanno che L. aveva bisogno di sentirsi dire che le cose ci accadono sempre per un motivo, anche quando non sono belle, che dobbiamo avere il coraggio di lasciar andare per fare spazio alle cose nuove. E mentre L. mi piangeva tra le braccia io le ho raccontato di quando anche io ho avuto paura di lasciar andare e poi ho trovato il coraggio di farlo e le cose sono accadute. Come, per esempio, che mi sia innamorata dell’Uomo che era lì ad aspettarmi nel bosco.
Siamo state lì, abbracciate per un po’, a tenerci salde e darci coraggio, perché non basta mai, a incontrarci nelle strade dell’anima, ognuna diversa e ognuna con il suo amore da dare e ricevere. Ci siamo salutate con la promessa di pensarci ogni tanto.
Io sono ritornata giù al bosco, ho accarezzato la Cana, ho dato un bacio all’Uomo, ho chiuso gli occhi e ho detto grazie.

Siamo ancora in tempo per salvare il mondo? No.
Ma lo siamo per guardare bambini che corrono a piedi nudi sulla terra, che cadono e si rialzano da soli, che inventano storie da vivere nella libertà di essere. Lo siamo per guardare gli altri, fin dentro l’anima. Lo siamo per raccontare ancora che si può essere felici.
Ed è ciò che ricorderò di più.


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