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Il Bianco e La Madre.

14397274_10210276998071685_203784313_nNon vesto mai di bianco. Non l’ho fatto neppure al mio matrimonio. Ricordo però di averlo fatto in occasione del mio battesimo e della prima comunione. E poi basta. Perché il bianco ingrassa e non ti fa passare inosservata, soprattutto se sei completamente vestita di bianco, fino alle scarpe. E se, per completare l’opera, ti metti in testa una coroncina di fiori bianchi.

Eppure l’ho fatto. Ed è stato bellissimo. Ho scoperto il bianco. Il potere magico del bianco. La capacità di riempirti gli occhi di luce e di farti brillare. E a quel punto non ti importa più di sembrare un palloncino volteggiante nell’aere. Il bianco ti rende eterea e questo basta a compensare tutto il resto.

Inseguivo questa occasione da tanto tempo. Ne avevo letto in giro sul web, ma ero sempre troppo lontana per poter esserci. Avevo anche pensato “Va bene, adesso la organizzo io nella mia città“, perché la terra in cui vivo mi ha insegnato che le energie che si spendono per lamentarsi di ciò che manca possono essere utilizzate meglio, creando ciò che non esiste.
E poi mi è arrivato un invito per la “Cena in bianco a Catanzaro“. Non ho esitato un secondo e ho detto “Si, ci sarò”.

Poiché Mr. Blues quella sera era impegnato nel suo hobby preferito vestito in salopette, ho chiesto a La Madre di accompagnarmi e lei non se l’è fatto ripetere due volte. Perché non è riuscita a dire di no ad un’amica che sarebbe venuta nella città in cui lei abita da poco tempo per proporle una serata alternativa alla sua solita routine casalingo-mammaria. Soprattutto se l’amica è Little Birds. La Madre è un’amica con cui ho condiviso una buona parte del mio percorso di studi universitari, fino al dottorato. Sono stata in Sicilia al suo matrimonio con Mr. Drago, l’archeologo ieratico che scava e scopre i tesori della nostra storia, con il quale ha avuto due figli meravigliosi. Le due creature assorbono ogni minuto della sua vita, impiegano tutte le sue energie, la riempiono di domande ma anche di sorrisi e di verbi coniugati al futuro. Ecco perché lei è “La Madre”. Ma anche le madri hanno bisogno di essere e di sentirsi fighe e di volare leggere come un palloncino. Ecco perché ho voluto che fosse con me quella sera.

Alla Cena in Bianco si partecipa vestiti di bianco, si usano tovaglie e tovaglioli bianchi di stoffa, si beve acqua e vino in bicchieri di vetro, si riempiono piatti bianchi, con pietanze non necessariamente in bianco, si accendono candele bianche, si dispongono fiori bianchi sulla tavola, si accosta il proprio tavolo a quello degli altri e si è così vicini che i piatti di portata viaggiano da un tavolo all’altro. Alla Cena in Bianco, se alzi gli occhi, vedi palloncini che scappano dalle sedie, bolle di sapone che volano senza vento e la luna, tonda, luminosa e bianca.

Io e La Madre ci siamo divise i compiti: lei ha cucinato, anche se non ricordavo che sapesse farlo, mentre io mi sono occupata di tutto il resto e soprattutto del vino. Abbiamo sistemato la tavola, acceso le candele, aperto il vino e al segnale abbiamo sventolato in alto i tovaglioli bianchi, come se fossimo stati tanti bambini a giocare a fare gli adulti. Ognuno a sfoggiare il suo migliore sorriso ebete, quello che ti si appiccica addosso quando sai che stai facendo una cosa tutto sommato inutile e proprio per questo tremendamente necessaria. Provate a leggere, a tale proposito, l’illuminante libretto rosso L’utilità dell’inutile, di Nuccio Ordine, Bompiani 2013.

La Madre era bellissima, perché lei è naturalmente bellissima, ma ha bisogno di essere costretta ad esserlo. Ed io sono bravissima a costringere le persone ad essere ciò che sono naturalmente. L’ho vista sorridere e ridere di gusto, l’ho sentita leggera anche quando abbiamo parlato di cose serie. Come quando mi ha raccontato di quanto sia difficile dover ogni giorno combattere contro la mediocrità, contro l’appiattimento generale, contro regole e sistemi che vorrebbero regolare e sistemare chi è nato per non essere allineato ma per viaggiare sul mondo a metà strada tra la terra e il cielo. E come quando le ho visto dentro la forza e la tenacia necessarie per insegnare ai propri figli ad essere solo e sempre se stessi.

Abbiamo volato quella sera, ma poi ho dovuto riportarla a casa, con quella ferma e risoluta crudeltà in stile Mary Poppins, che prima ti porta su su su e poi ti ricorda che quaggiù c’è un mondo che non ha il tempo di aspettarti. Ma La Madre la rivedrò presto, in una di quelle occasioni che mi invento in cui professo quel “femminismo gentile”, come l’ha chiamato lei.

In quella piazza, quella sera lì, tutto è stato perfetto e lo è stata anche Catanzaro che, per una volta, ha rinunciato al suo Vento e si è mostrata bella, vestita della bianca luce della luna, agli occhi di chi la vive ogni giorno e non si accorge più di lei.

Ma sarà poi vero? Com’era la storia che la bellezza è negli occhi di guarda?

 


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