Mangiare&Bere

Analisi sensoriale Grappe e Distillati – Sunrise Cocktail Bar – 15 dicembre 2015 – Falerna (CZ)

IMG_2357È bastato abbinare le parole “analisi sensoriale” e “grappe e distillati” per convincermi a percorrere 140km (all’andata e al ritorno) ed arrivare a Falerna Marina, al Sunrise Cocktail Bar di Francesca Mannis, per una serata di assaggio (che non è la stessa cosa di “degustazione”) condotta da Michele Di Carlo. Che tanto 140km non sono niente per Little Birds. E però resto a dormire a Falerna, che voglio tornare intera a casa e qualcosa da fare nei dintorni l’indomani la troverò. Decido di restare a dormire lì anche per regalarmi del tempo che non sia scandito.

Per regalarmi il tempo di nutrire la mia pelle con la crema dopo la doccia, ad esempio. Me l’ha fatto notare una mia amica qualche giorno fa, una di quelle donne che incontro e che, a un certo punto della loro vita, si sono guardate allo specchio e hanno iniziato la propria rivoluzione. Ma sto divagando.

Conoscevo già il Sunrise e l’abilità di Francesca nel preparare cocktail speciali e particolari, soprattutto a base di succhi freschi di frutta, verdure, erbe aromatiche e distillati, perché questa estate ero stata lì a condurre una serata di degustazione di Sigaro Toscano©. La serata inizia, tra la musica di Maria Giovanna Argento (è la cugina di Dario, si) e le suggestioni sensoriali di Michele, che riempie la scena (“la sfera è la forma geometrica perfetta”, mi dice…). Davanti a noi cinque bicchieri numerati, con cinque distillati diversi, e una fascia nera di stoffa con la quale ci benderemo. Nell’analisi sensoriale i nostri cinque sensi sono coinvolti e occorre focalizzare le percezioni, concentrarsi, escludere un senso per riattivare gli altri.

Michele parla dei cinque sensi, di come funzionano, ed io inizio a pensare che diamo troppa importanza alla vista, che abbiamo dimenticato le altre sensazioni, che il tatto è forse l’ultimo senso che consideriamo.
Abbiamo paura di toccare e di toccarci? Abbiamo forse paura di prendere il cibo con le mani e di sporcarci? Eppure lo facevamo da bambini. I nostri cinque sensi ci hanno dato la possibilità di conoscere il mondo. E poi ce li siamo dimenticati. Ma non è mai troppo tardi per riscoprire la nostra fisicità sensibile.

Io, per esempio, sto riscoprendo l’olfatto: odoro sempre il cibo prima di mangiarlo e i liquidi prima di berli. Memorizzo gli odori, fisso i profumi e cerco le immagini che mi evocano, reali o immaginarie. Proust aveva dannatamente ragione.
E ancora, esercito l’udito e ascolto tutto ciò che mi circonda e soprattutto i pensieri raccontati a voce alta, come è accaduto l’altra mattina a Pizzo, mentre rientravo a casa. Mi stavo godendo e gustando un classico tartufo nero e il sole di dicembre, seduta al tavolino del bar Dante, insieme ad altri pensionati. Avevo immobilizzato quel tempo transitorio delle località turistiche quando sono senza turisti.
Davanti a me si sono seduti due uomini sulla quarantina che hanno iniziato a parlare dei problemi di coppia di uno dei due, di quanto sia difficile lasciare chi ancora sta amando, di quanto sia ingiusto restare con una persona solo per pietà, di quanto si tradisca e di come sia innaturale vivere così. Le mie orecchie sono aperte, ascolto perché non potrei fare altrimenti. Ogni informazione che arriva dai sensi viene elaborata da noi e quando mi alzo per andare via mi fermo da lui e tenendogli la mano, e sorprendendolo per questo gesto fisico regalatogli da una sconosciuta, gli dico che la vita è una sola e che dobbiamo trovare il coraggio di viverla fino in fondo. Ma sto ancora divagando.

Michele ci chiede di osservare il liquido nei bicchieri: la vista ci dà le prime informazioni e dai colori diversi possiamo già ipotizzare sapori e invecchiamenti differenti. Potremmo già dire che due dei distillati hanno trascorso parte del loro tempo in contenitori di legno. Ma non è sufficiente.
Poi avviciniamo i bicchieri al naso, anzi, prima alla narice destra, poi alla sinistra e da ultimo al centro: solo per un liquido riscontriamo aromi incongruenti in base alla narice utilizzata. Michele ci spiega che questa difformità può darci informazioni preziose sulla qualità dell’alcol che stiamo per bere.
Prendiamo i bicchieri e beviamo, ma non a caso: un cucchiaino da tè di liquido da tenere in bocca per dieci secondi. Contiamo nella nostra mente e scopriamo che alcuni bruciano più di altri, uno in particolare (è il solito distillato di riferimento in negativo) che vorremmo sputare già dopo cinque secondi. Le papille gustative della lingua sono tutte in piedi, le sento e quasi le vedo sull’attenti a scansionare gli impulsi e a trasmettere le percezioni per l’elaborazione del gusto. Un sorso d’acqua tra un bicchiere e l’altro aiuta a rilassare le papille e ad azzerare la bocca.
Michele mi versa qualche goccia di due distillati diversi sul palmo della mano e mi dice di frizionarlo con le due mani: in un caso l’alcol evapora lasciando la pelle pulita e asciutta, nell’altro resta una patina quasi oleosa e grassa. Non è un alcol buono. E quando si sceglie di ingerire un veleno è sempre meglio controllare che almeno sia di buona qualità.
Ci bendiamo e riproviamo tutti i distillati così: abbiamo la vista azzerata dalla benda e l’udito annullato dalla musica che Maria Giovanna suona in diretta, un tema diverso per ogni distillato. Ci basiamo solo su naso e lingua e l’esperienza di assaggio cambia: aromi e sapori restano scolpiti adesso e li ricordo ancora mentre scrivo.

La porta delle esperienze sensoriali mi si apre davanti ogni giorno di più. Mi sorprendo a raccogliere e conservare le sensazioni fisiche che provo e capisco che il mondo non può essere compreso solo con la mente.
Sto divagando, ancora una volta.

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