Pensare

Pezzetti

IMG_0682L’altra sera sono uscita con la Ragazze per una delle nostre “uscite rituali”, ovvero quelle in cui lasciamo cadere per terra (o nel mare…dipende) un pezzetto di ciò che siamo state e che non fa più parte di noi. Ne parliamo tutta la sera, lo esaminiamo, lo osserviamo dall’esterno, lo valutiamo per tutto ciò che ci ha dato e tutto ciò che ci ha preso e lo ringraziamo prima di lasciarlo andare. Ce ne liberiamo, così da far spazio ad altri pezzetti di noi che erano nascosti e che costruiranno ciò che saremo. Un po’ come perdere i denti da latte. Un po’ come cambiare la pelle. Un po’ come fa il bruco per diventare una farfalla.

Ho 45 anni e non ho mai avuto, prima d’ora, donne per amiche perché quelle che ho incontrato erano sempre a un passo diverso da me. Non dico che io fossi più avanti di loro. Ma l’amicizia richiede passi comuni, anche se percorri strade separate e lo fai indossando scarpe diverse. Ovviamente mai le ballerine: sono piatte, ti fanno stare troppo attaccata alla terra, non puoi volare con quelle scarpe!

Con le Ragazze non ci vediamo ogni giorno, né ci sentiamo ogni ora. Eppure sappiamo di essere potenzialmente sempre presenti. Sono le “Mie Ragazze“. Con loro so di poter finalmente parlare di “cose da femmine” senza dovermi porre limiti di linguaggio o di argomenti. Posso essere tutto ciò che sono e così possono essere loro con me. E quando parlo di “cose da femmine” intendo dire dalla ceretta brasiliana alle riflessioni post-quarant’anni, dalla ricerca dei foglietti di istruzioni che nessuno ci ha dato quando siamo nate ai criteri per coordinare reggiseno e slip (per chi ancora li indossa), con qualche deviazione verso le strade oscure, impopolari e poco bon ton della sessualità, da sole o in compagnia.

Ognuna è un modello per l’altra. Ognuna insegna qualcosa. Tutte ci accorgiamo di avere vite diverse e passi comuni.

Mi fanno domande, a volte imbarazzanti, perché mi vedono forte, indipendente, coraggiosa, spavalda, sfrontata, libera, solitaria. Mi chiedono come io riesca ad essere così. Racconto  loro che non lo sono sempre stata, o forse sì, solo che me lo nascondevo sotto l’immagine di donna perfetta e accondiscendente a un modello che mi chiedevano gli altri: ora madre, ora moglie, ora figlia, ora studiosa, ora seria, ora impegnata, ora assennata. Poi un giorno ho capito perché mi mancava l’aria e ho ricominciato a respirare.

Mi dicono che dò loro forza. Io mi dico che loro mi danno la consapevolezza di essere. Insieme a leggerezza e risate.

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